Il “Filosofo Coi bambini” gioca con loro…


Tra la fine di febbraio e la fine di marzo, la Scuola San Domenico ha ospitato le attività di formazione e tirocinio degli aderenti a Filosofia Coi Bambini, guidate dal fondatore del metodo Carlo Maria Cirino. Nell’intervista che segue, un’insegnante della Scuola dialoga con Sara Bracco sulle attività svolte, i principi e le finalità. 

Partiamo dalla descrizione delle attività che avete fatto con noi…

Sono stati fatti I due cicli dedicati all’Infanzia che si chiamano “Allenamenti”.. si tratta di allenamenti sulle parole e servono al Filosofo coi Bambini per conoscere qual è il vocabolario dei bambini. Le attività di base partono da campi semantici semplici (colori, forme o qualità molto semplici) per una ricognizione, che inizia con una domanda, su quante parole possiede il gruppo, o il singolo.

Quali giochi applicate in questa fase preliminare di conoscenza?

Ci sono alcuni giochi di base, che abbiamo svolto da voi: uno è “l’Allenamento zero”, che funziona chiedendo, ad esempio, “parole rosse” e loro ti dicono le parole.. quando l’ultima parola che ti dicono è “granchio” e allora tu passi a chiedere le “parole nell’acqua”. In questo modo si va ad indagare un campo semantico specifico, che si cerca anche di cambiare sempre più velocemente… magari accettando solo cinque o sei parole per poi passare ad un altro campo agganciando l’ultima parola.

Ho notato, mentre assistevo agli allenamenti, che il ritmo tendeva  a divenire incalzante…

Si, perché quando i bambini riescono a entrare nel pieno dell’attività e a far funzionare il loro vocabolario allora si può iniziare ad accelerare. Ad esempio si può anche monitorare con un cronometro per vedere quanto velocemente si può passare da un campo semantico all’altro.

Sulla seconda attività proposta, quella con i fogliettini, invece? 

Si tratta della “Scatola” che è un gioco in cui tu cerchi a far dire loro quante più parole possibili per campo semantico. Di solito spazi per qualità ad esempio dici “parole dolci” e ne prendi 40… 50. I realtà noi svuotiamo una scatola e ne tiriamo fuori le altre per vedere quante ne hanno…

…esplorando il vocabolario fino ai suoi limiti, svuotando e riempiendo da capo la scatola… azione che rappresentava la ricerca e lo spostamento in avanti del confine alla ricerca di quante più parole possibile…

Esatto. Noi monitoriamo e documentiamo il bagaglio linguistico che i bambini hanno e che man mano tirano fuori: ma questo tipo di giochi possono essere consigliati per integrare eventuali carenze di vocabolario e per vedere se hanno fissato le parole. Altrimenti si fissano proponendo queste attività anche più di una volta.

Quando le parole stentano ad uscire è possibile suggerirgliele con la sillaba iniziale ad esempio… finché a loro viene in mente e le possano utilizzare.

All’Infanzia vengono fatti solo allenamenti perché loro iniziano ad utilizzare tantissime parole ma non le sanno mettere nel posto giusto. Il compito è condurli a capire che le parole hanno un ordine. Se sanno collocarle, nell’attività di livello successivo che è laboratoriale, attività immaginativa per eccellenza, le sanno spostare in altro campo semantico.

All’infanzia per tutte le tre fasce d’età si fanno queste attività . La differenza tra 3 4 e 5 anni è che si sale di difficoltà, aggiungendo sottocategorie e verbi.

Come insegnante ho potuto osservare alcuni aspetti che nella routine non emergono facilmente e che invece in un momento così, per modo di dire, isolato, sono molto evidenti. 

Noi proponiamo attività che non hanno mai fatto e nelle quali non devono formulare delle frasi, cosa che generalmente sono stimolati  a fare nella didattica quotidiana. Devono semplicemente dire delle parole che già possiedono ma che non sempre emergono … Non è detto che l’attività che si fa a scuola gliele porti. Il programma infatti di solito è molto strutturato: come le attività per Pasqua, Natale, le stagioni. E quelle anche nuove di solito sono comunque inerenti a quegli ambiti e possono non portare parole nuove..

Di solito il bambino che non eccelle in altri campi riesce meglio di altri a scavare e a trovare parole nuove. Di solito emerge il bambino più immaginativo, il bambino più strutturato invece di solito rimane per così dire spiazzato.

Questa attività mi ha dato l’impressione che attivi in loro una specie di azione di eliminazione di cosa è grossolano, superfluo, per arrivare a qualcosa di più preciso, dettagliato, da una parola generica ad un vocabolo specifico… 

E’ l’operatore che può aiutare ad arrivare al sottile: ad esempio dopo le prime parole rosse puoi aiutarlo con “rosso come il sacchetto.. “ oppure aggiungendo campi semantici come “rosso in giardino.. sta a te.. se tu sai che all’inizio monitorando ti accorgi di un certo numero di parole.. e qui perché ha un senso il laboratorio fatto con l’insegnante.. perché l’insegnante sta tutti i giorni con i bambini e quindi sa quante parole hanno i bambini e quindi dove rinforzarli.

Infatti l’ho trovato molto istruttivo presenziare: con attività così diverse rispetto alla routine si scoprono i lati dei bambini meno evidenti sui quali fare attività mirata per potenziare ciò che serve. Mi sono posta anche la domanda su come sollecitare i bambini a tirare fuori il vocabolario ed eventualmente invitare le famiglie a fare altrettanto, magari puntando alle descrizioni degli oggetti e dei disegni… 

I genitori tendono a dare definizioni chiuse… poco immaginative, che è anche quello che fa la scuola in sé normalmente… e quindi si utilizzano poche parole e si danno già dei concetti. Non si trovano insieme delle parole per descrivere quella cosa… perché tutti gli adulti tendono a dare una definizione, ad insegnare, come nel dire: “il monopattino serve per…” L’ideale è trovare insieme le parole per arrivare a quella definizione. Ad esempio: “passami quella cosa che è lì sopra, che è bianca, che è polverina, che è fatta con…” finché si capisce che è il botticino di zucchero. Normalmente invece si parte dicendo “Passami il botticino di zucchero che è lì”.

Arrivare a dare il nome dell’oggetto passando attraverso le sue caratteristiche e dalle sue qualità è anche divertente e restituisce ed alimenta l’immaginazione.

Tra i cinque e i sei anni non cambia il principio delle attività ma la loro complessità. L’uso del mezzo grafico è previsto?

Ci sono delle attività che servono per fissare. Il disegno serve per fissare le parole che hanno incontrato. Oppure noti che ha poche parole ma un disegno ricco di caratteristiche lavori facendoglielo spiegare nei dettagli e lo aiuti così a ricavare quelle parole. Le attività dei disegni sono successive e seguono tutta la ricerca prima dei vocaboli. Poi si passa alla narrazione del disegno, a quella che è la ricerca delle domande da fare, da farsi e che fanno tra loro, per scoprire un disegno. Ma almeno dai 5 anni in avanti.

Noi abbiamo una programmazione precisa che segue delle soglie ben precise e la parte del disegno di solito va alla fine.

Secondo me nell’intervento del Filosofo Coi Bambini c’è una parte molto importante e che riguarda il personaggio. Una cosa su cui si lavora frequentemente FcB è il fatto che il Filosofo usa poche parole… fa domande precise, mirate, non interviene troppo, aspetta, crea molte pause, sta nel silenzio, si muove poco, si muove in modo preciso. Non userei il termine “teatrale” ma il concetto del personaggio ci sta. E’ solo quello che senza influenzare tira fuori le parole, fa capire quante ne hai, aiuta a far da te a cercare tu le parole che hai facendoti aiutare dal gruppo classe… E’ quello che butta una palla e che fa in modo che questa palla vada a toccare tutti e che tutti possano giocarci con i loro tempi e le loro possibilità. Perché ogni parola che viene buttata nel cerchio, da qualsiasi bambino, è una parola in più… un bimbo ne ha 10, un altro 4 un altro 5 ma insieme ne abbiamo 19. Quindi deve far si che arrivi la ventesima parola. Non devo fare l’insegnante. Tutto quello che è: “Io ti aggiungo, io ti porto quello che so” non deve esistere. Lui è lì e gioca con te.. Può farti fare un pezzo in più, magari chiedendoti una difficoltà in più però non ostacola ed è tutto fatto per gradi.

Ognuna delle persone che lavora noi tutti gli anni ha un lavoro da fare su di sé. Noi prevediamo dei momenti di formazione che, tra le altre cose, le sottopone a delle domande mirate e personalissime: come ti senti quando sei in classe, quali sono state le tue reazioni in quella fase dell’attività,eccetra.

Che è un lavoro introspettivo che dovrebbe essere chiesto agli insegnanti: analizzare le proprie reazioni significa innanzitutto essere essere consapevoli di sé, accorgersi di come si agisce insieme ai bambini e dell’influenza che si esercita su di loro. 

Quante volte uno dà delle definizioni si bambini: quella brava, quello che sta in silenzio, che si muove, che è agitato… già li cataloghi e in qualche modo limiti e condizioni l’opinione  che loro possano fare di più.

A cura di Mariagrazia Bertolino, docente presso la Scuola San Domenico.

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Carlo Maria Cirino

"Carlo Maria Cirino nasce a Fossombrone. Studia Architettura, Filosofia, Teologia. Nel 2008 fonda Filosofiacoibambini®. Parte della sua esperienza la si può trovare su www.coibambini.com e su www.carlomariacirino.com"